
Il ponte di Crimea
Verrà sottoscritto domani a Palermo, a Palazzo d’Orleans, l’Accordo per l’istituzione dell’Area integrata dello Stretto. A firmare l’intesa, la Regione Siciliana e la Regione Calabria, insieme alle Città metropolitane di Messina e Reggio Calabria.
“E’ una grande opportunità di sviluppo – sottolinea il governatore siciliano Nello Musumeci – per due comunità che possono cogliere, in questo modo, i frutti di potenzialità forse fino a oggi non pienamente espresse”. Si affronterà anche il tema della realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina?
Mentre Mosca ha completato il ponte sullo stretto di Kersh che collega la Russia alla Crimea, lungo 18 chilometri e alto 35 metri, appaltato nel 2014 e inaugurato nel 2018, con l’installazione dei supporti del viadotto ferroviario, del ponte sullo Stretto siamo ancora alle chiacchiere “Ponte si, Ponte no”.
E se la tratta nazionale della TAV, più precisamente “Treno Alta Velocità” Torino-Lione, ha un costo, secondo il ministro delle infrastrutture Toninelli di 8,1 miliardi di euro, ma dal PD a Forza Italia è ritenuta “strategica per il Paese Italia”, l’appalto per il ponte era stato assegnato, nel 2006, per 3,88 miliardi di euro, ma bloccato nel 2012 dal governo Monti.
L’appalto per il ponte era stato vinto dall’associazione temporanea di imprese Eurolink S.C.p.A. e prevedeva un tempo di realizzazione di 5 anni e 10 mesi. Il progetto scelto era un ponte sospeso lungo 3.666 metri e alto 399 metri, scavalcando con un’unica luce i 3.300 m di larghezza dello Stretto. La capogruppo di Eurolink era la società di costruzioni Impregilo, allora presieduta dall’attuale ministro per gli affari europei Paolo Savona. Il contratto di assegnazione fu firmato dal governo Berlusconi. Sembrava l’inizio della realizzazione, ma nell’ottobre 2011 l’Unione Europea non incluse il ponte sullo stretto tra le opere pubbliche destinate a ricevere finanziamenti comunitari e contemporaneamente la Camera approvò una mozione dell’Idv, che impegnava il governo “alla soppressione dei finanziamenti per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina”.
Un anno dopo il governo Monti, nella legge di Stabilità, stanziò 300 milioni per il pagamento delle penali per la non realizzazione del progetto. Un pasticcio che è costato complessivamente alle casse dell’erario 500 milioni di euro, senza nulla in cambio.
Oggi è stato il governo della Regione Siciliana a rimettere il tema al centro del dibattito politico. Il governatore Nello Musumeci: “Sul Ponte sullo Stretto di Messina la mia opinione è la stessa da sempre, da quando facevo l’eurodeputato. Il governo della Regione siciliana è per il Ponte sullo Stretto di Messina. Non è un capriccio, ma una esigenza infrastrutturale essenziale per completare la rete che dal cuore dell’Europa deve arrivare fino a Palermo”
Lo ha affiancato l’assessore regionale delle Infrastrutture, Marco Falcone, esponente di Forza Italia: “Il Governo Musumeci sarà in prima linea nel ribadire la necessità improcrastinabile e strategica della costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina”.
A sostegno si è costituto all’Assemblea Regionale Siciliana, l’Intergruppo parlamentare “Continuità Territoriale e sviluppo per infrastrutture e Ponte sullo stretto”, con lo scopo di svolgere attività tese a creare le condizioni di continuità territoriale attraverso il collegamento della Sicilia alla terraferma mediante il Ponte sullo stretto. A costituire l’intergruppo 12 deputati regionali, da Fratelli d’Italia al Partito Democratico: gli on. Galluzzo, Aricò, Assenza, Savarino, Zitelli, Amata, Catalfamo, Calvagno, Genovese, Bulla, De Pasquale e De Domenico. Ha assunto la presidenza dell’intergruppo il promotore, Pino Galluzzo, che in passato alla provincia regionale di Messina già aveva assunto il ruolo di presidente della commissione speciale Ponte e infrastrutture sullo Stretto di Messina.
Per Valentina Zafarana e Antonio De Luca, deputati regionali del M5s, invece quello del ponte “è l’eterno specchietto delle allodole per gettare fumo negli occhi ai cittadini”.
Ma l’altro alleato di governo a Roma, la Lega, non la pensa allo stesso modo. Armando Siri, sottosegretario leghista alle Infrastrutture, oltre che ascoltato consigliere economico di Matteo Salvini (è l’ideologo della flat tax) ha qualche giorno fa a Messina detto: “Il Ponte non è una cattedrale nel deserto. Non sono qui per fare slogan, il Ponte è utile al Paese. Non serve per far incontrare il fidanzato di Reggio Calabria con la fidanzata di Messina, ma è un’infrastruttura utile, se si pone all’interno di una strategia che vede l’Italia al centro dei traffici del Mediterraneo, di cui la Sicilia sarebbe il naturale hub delle merci che arrivano dal canale di Suez”.
In fondo la TAV, per dirla alla stregua di qualche grillino, “serve solo a fare arrivare 20 minuti prima un formaggio da Lione a Torino”. Allora se le grandi infrastrutture sono strategiche, realizziamole tutte, se non lo sono le blocchiamo tutte, non esistono opere per cittadini di serie A, quelli delle regioni del Nord, e opere per quelli di serie B, i siciliani.
Certo si sentiranno sempre i soliti discorsi: “deturpa l’ambiente”, “per la mafia sarà un affare colossale”, “è in una zona sismica”, “meglio spendere questi soldi per le dissestate strade e ferrovie siciliane”, finanche “la Sicilia è un’isola e tale deve restare”, ma se nel 1971, quando si cominciò a parlare del ponte sullo Stretto, i tempi non erano maturi e le tecnologie non adeguate, oggi, quasi cinquant’anni dopo, finalmente lo sono.
Vito Orlando

Il progetto del ponte sullo Stretto
(sicilia.admaioramedia.it)