“A fine mandato non mi ricandiderò perché sono un presidente fuori moda, sono abituato ad altre regole. Ma sono convinto di essere dalla parte della ragione”. Lo ha detto il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, intervenendo alla conferenza stampa di presentazione del film “Il delitto Mattarella”, ai Cantieri Culturali della Zisa di Palermo.
“In Sicilia il politico per bene viene definito ‘Cristiano bonu che nenti fa’ – dice Musumeci in siciliano – significa posti di lavoro o tangenti. Quello spertu è latru, però mancia e fa manciare (quello furbo è ladro, ma mangia e fa mangiare). Per un uomo come me che in 40 anni non ha mai avuto un avviso di garanzia il problema è se sono ancora in sintonia con questa cultura. Io parlo di collaudo dighe e invece la gente vuole capire perché io non posso assumere suo figlio”. E aggiunge: “Sono il Presidente con il minor indice di gradimento e non mi sorprende. Provo amarezza ma me lo aspettavo. Cosa vuole che interessi che dopo 31 anni ho fatto l’autorità di bacino o la stabilizzazione di 6.000 precari nei comuni. Alla gente, se noi pensiamo di creare un grande centro congressuale a Palermo, o se abbiamo fatto la pianta organica, o l’assunzione di 800 medici e paramedici non interessa. La gente vuole moschetteria, fuochi d’artificio. La gente vuole che coniughi i verbi al futuro. Faremo, realizzeremo, progetteremo… Io invece parlo di cose che non si vedono. Cose fuori moda. Fra un paio di anni quello che stiano seminando lentamente emergerà e la gente capirà ma questa è la stagione dell’odio e della violenza verbale in cui l’avversario diventa nemico “.
“Ma voglio potere guardare la gente negli occhi quando uscirò da palazzo d’Orleans – ha aggiunto Musumeci -. I sondaggi vanno rispettati, sia favorevoli che contrari. L’importante è stare a posto con la propria coscienza. Oggi non ci sono più partiti. Sono tutti iscritti in un grande orfanotrofio di idee. Questa è la stagione della violenza verbale, dell’odio, in cui l’avversario diventa nemico. Consentitemi, ma questa non è la mia cultura. E non è neanche la cultura di chi, a sinistra, ha frequentato la stessa ‘palestra’ che ho frequentato io”.
“Siamo stanchi di sentire parlare male della Sicilia nei salotti televisivi come quello di Giletti. Non siamo una terra di santi ma nemmeno diavoli. Se abbiamo trovato i pozzi inquinati – ha proseguito il governatore – se abbiamo trovato 45.000 precari condannati a vivere alla giornata, se abbiamo trovato miliardi non utilizzati, se non abbiamo trovato un progetto, se abbiamo trovato personale dipendente molto spesso abituato a scansare le fatiche, se abbiamo trovato il senso di rassegnazione e i nostri vecchi continuano a dire ‘come viene, si, no’. Come si conta dobbiamo deciderlo noi. Non solo Musumeci, Lagalla, Cordaro. Noi dobbiamo smetterla di pensare cosa fa la regione, la provincia, il comune per noi. Chiediamoci io cosa faccio per il comune, la provincia, la regione. Nessuno può stare più alla finestra. Nessuno ha la bacchetta magica. E se il vostro presidente della regione lavora 18 ore al giorno e cammina con sei poliziotti notte e giorno perché è sovraesposto, non lo fa certo per carriera, ma per consegnare con la sua fatica una Sicilia migliore ai suoi nipoti”. (red)
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