di Ilaria Bifarini (*)
La protesta dei pastori sardi non sembra fermarsi né cedere a compromessi: in gioco non c’è solo la richiesta di aumento dei prezzo del latte, ma la salvaguardia dell’economia e delle produzioni locali.
E’ una lotta di ribellione contro l’attuale globalizzazione che, attraverso la delocalizzazione, offre prodotti abbondanti a prezzi sempre più bassi a un numero sempre maggiore di acquirenti. E’ un sistema perverso, perché apparentemente favorevole al cittadino-consumatore, che ha accesso a una quantità di beni prima impensabile. In realtà si tratta di merci dal bassissimo livello qualitativo, ottenute con l’unico obiettivo di minimizzare il prezzo finale, facendo leva sulla competizione al ribasso della qualità del prodotto e del costo della manodopera.
In questo modo il sistema di produzione-consumo ci rende felici di poter iperconsumare, intanto ci impoverisce creando disoccupazione e ci avvelena con cibi e beni sempre più scadenti. La protesta dei pastori sardi non solo va sostenuta, ma dovrebbe offrire lo stimolo per ripensare un modello economico ormai insostenibile, che crea povertà e disoccupazione, danneggia la salute degli individui e dell’ambiente.
(*) Economista e scrittrice
(sicilia.admaioramedia.it in collaborazione con http://sardegna.admaioramedia.it)