Un vasto giro di tangenti nel settore degli appalti pubblici è stato scoperto dalla polizia a Palermo: in manette sono finiti anche quattro funzionari del Provveditorato alle opere pubbliche, due sono stati sospesi dal servizio. Nell’operazione “Cuci e Scuci” sono in tutto 14 gli arresti eseguiti all’alba di oggi nel capoluogo siciliano, che riguardano anche otto imprenditori del settore edilizio, emesse dal Gip su disposizione della Procura palermitana. Sono tutti accusati, a vario titolo, di corruzione, falso in atti pubblici e truffe aggravate ai danni dello Stato. Le indagini hanno avuto inizio dalla denuncia di un imprenditore edile, imbattutosi in una richiesta di tangenti da parte di alcuni funzionari pubblici in servizio al Provveditorato per le Opere pubbliche, per la ristrutturazione edile di una scuola elementare nella provincia.
Gli appalti pubblici in questione riguardano 5 scuole situate nelle province di Palermo, Enna e Catania, un immobile confiscato alla criminalità organizzata e destinato all’arma dei carabinieri per esigenze alloggiative del personale e un altro immobile destinato alla nuova Stazione dei Carabinieri di Capaci.
L’indagine, svolta dalla sezione “Anticorruzione” della Squadra Mobile, ha registrato “uno stratificato sistema corruttivo nel settore degli appalti per opere pubbliche e ha interessato un importante distretto ministeriale deputato a veicolare rilevanti fondi pubblici”. Si tratta di una delle prime a livello nazionale, sottolineano gli investigatori, in cui il provvedimento cautelare preveda la misura del divieto di contrattare con la Pubblica amministrazione per 12 mesi, recentemente introdotta dalla cosiddetta legge “spazzacorrotti”, a carico di 8 imprenditori. L’ambito toccato dall’indagine riguarda principalmente appalti pubblici finanziati con fondi del ministero Infrastrutture e Trasporti – in particolare per la cosiddetta edilizia scolastica – o di altri enti o ministeri, stanziati per lavori di ordinaria o straordinaria manutenzione di immobili dello Stato, utilizzati per fini istituzionali o di pubblica utilita’. Le indagini “hanno carpito la consegna di molteplici tangenti il cui importo corrispondeva all’incirca al 2-3% dell’importo complessivo del finanziamento statale. Il modus illecito adottato consentiva all’imprenditore di recuperare l’importo della tangente, attraverso l’inserimento di voci di spese fittizie o maggiorate nei documenti contabili, predisposti dai funzionari infedeli, restando di fatto a carico dello Stato”.
(sicilia.admaioramedia.it)