Quest’anno il “Giorno del Ricordo” istituito nel 2004 per commemorare la tragedia degli italiani vittime, nelle foibe, dei partigiani titini e dell’esodo giuliano dalmata nel secondo dopoguerra, forse per la prima volta, ha avuto un significato più profondo, sia per il bel film Red Land – Rosso Istria, trasmesso dalla Rai che per le intense parole pronunciate dal presidente della Repubblica Mattarella.
Tra le, poche, cerimonie istituzionali svoltesi in Sicilia per la ricorrenza, quella probabilmente di maggior pathos si è svolta al Palazzo del Governo di Trapani. Infatti si ricordava un siciliano, il vicebrigadiere Antonio Navetta in servizio a Trieste nella Guardia di Finanza, un trapanese 45enne, trucidato nella strage della caserma di Campo Marzio nel maggio 1945 solo perché italiano. In quella strage morirono anche il finanziere marsalese Rocco Stassi, e altri 15 commilitoni siciliani (secondo i dati ufficiali della GdF), tutti infoibati nel Carso. A simbolo dei tanti siciliani che non ebbero la sorte di tornare.
Ma il pensiero è andato anche ai 300 mila italiani costretti a fuggire dalla loro terra, e trattati in patria come dei paria. Perché lo stesso prefetto di Trapani, Darco Pellos (il secondo da sinistra nella foto), ha voluto fornire alla platea un’esperienza personale che, in quegli oscuri e sanguinosi anni ha visto come protagonista la sua famiglia, originaria della Venezia Giulia.
Il Prefetto ha inoltre evidenziato che l’intera vicenda della partecipazione italiana alla seconda guerra mondiale debba essere ancora approfondita e riletta, anche alla luce dell’enorme sacrificio che le popolazioni meridionali hanno dovuto sopportare e in primo luogo proprio Trapani ove, in una sola giornata nel 1943, in città perirono 6.000 persone sotto un bombardamento alleato.
Il caso vuole che da qualche giorno sia prefetto a Trieste proprio un trapanese: Valerio Valenti. Sarebbe bello se il 3 maggio Valenti portasse un fiore a Campo Marzio. (vorl)