Chissà cosa avrà pensato chi, passando davanti le Catacombe dei Cappuccini di Palermo, in un caldo sabato sera di fine giugno in una città rapita da un mega concerto e dai molti, troppi apericena, ha visto un gruppo di persone, accaldate, in attesa davanti a un luogo solitamente deserto a quell’ora. Avrà pensato a degli appassionati di esoterismo o a un manipolo di adepti di chissà quale setta. E invece più di 70 cittadini palermitani innamorati della propria città, aderendo ad un appello social, si sono ritrovati per una visita molto particolare: le Catacombe dei Cappuccini in notturna.
E con una guida d’eccezione, Dario Piombino Mascali, antropologo messinese e appassionato conservatore delle Catacombe palermitane. Una visita che ha in primo luogo, come purtroppo spesso succede, mostrato ai palermitani un tesoro che loro, da abitanti di una città straordinaria, non avevano mai visitato e del quale alcuni non conoscevano addirittura l’esistenza. Un sito culturale di grande fascino e con una storia appassionante, raccontata con sapienza e dovizia di particolari da un esperto che ha spiegato come esista una relazione diretta tra la storia della nostra città e le catacombe. Culti ormai dimenticati, come quello per le anime del purgatorio, simboli esoterici, lapidi istoriate e preziose urne, emblema del rispetto verso i morti, un tempo molto più sentito, ma anche testimonianza di affetti, amori, perdite. La visita trasporta in una dimensione sconosciuta ai più, una archeologia delle emozioni che racconta molto del nostro popolo, dei suoi sentimenti e della sua religiosità. 1200 mummie esposte sulle circa 2000 presenti nei sotterranei dei Cappuccini; un patrimonio ricco e particolarmente fragile, arricchito da casse, simboli, fotografie, iscrizioni in un intreccio di vicende umane che s’incrociano nei corridoi dei due quadrilateri sotterranei, narrate nei secoli da letterati e artisti, da Alexandre Dumas padre e Guy de Maupassant a Carlo Levi.
Duemila corpi di religiosi, personaggi storici, artisti, borghesi, divisi in settori omogenei. Il primo frate cappuccino sepolto nel 1599, la coppia di sposi che in una suggestiva quanto casuale posa sembrano guardarsi, i due imbianchini collocati alla fine di un corridoio dove sono conservate le mummie dei professionisti, un militare che partecipò ai moti del ‘48, alti prelati e nobildonne. Una umanità così varia ma terribilmente uguale nell’ineluttabile destino dell’uomo. Appesi al muro o collocati in casse di legno, nei corridoi riservati agli uomini, alle donne, ai bambini, ai frati e, attrazione principale, la piccola Rosalia Lombardo, bambina dal volto sereno e delicato, morta a due anni di polmonite nel 1920 e imbalsamata da Alfredo Salafia. A lei è dedicata una culla hi-tech alla fine del percorso. A lei sono state riservate le cure migliori, forse dimenticando però il valore della totalità del complesso. Una realtà culturale fragile e certamente bisognosa di attenzioni e di finanziamenti per la conservazione più consona di un patrimonio di inestimabile valore sociale e culturale. Insomma un’esperienza fuori dal comune, consigliata a chi vuole conoscere la vera anima della sua terra: l’opportunità di partecipare ad un rito collettivo che lascia stupiti, esplorando la condizione umana in una delle sue parti più delicate, misteriose e simboliche.
Salvatore Emma
(sicilia.admaioramedia.it)